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La vita di Luca D’Amore è stata legata all’arte fin dall’inizio. Innanzitutto tramite un legame di sangue, derivante dalla discendenza dal padre Francesco grafico e smaltatore, dal nonno Salvatore xilografo e dal prozio Benedetto scultore. Poi un legame territoriale, nato e cresciuto in quella Sansepolcro che nella Toscana, culla del Rinascimento, occupa un posto speciale in quanto paese natio di Piero della Francesca, uno dei più grandi maestri del Quattrocento italiano. Quello di Luca D’Amore, anche attraverso la formazione presso il pittore Stefano Camaiti, è un percorso tracciato verso un fare artistico orgogliosamente tradizionale, classico, che l’artista sa interpretare con una propria personale inclinazione. I soggetti preferiti di questo pittore sono fiori o nature morte, in cui riesce a raggiungere una resa naturalistica totale. A tale riguardo va specificato che D’Amore è sostenuto da una grandissima tecnica che gli permette di trasferire gli oggetti sulla tela con eccezionale precisione. Già a partire dal disegno, mediante il quale, da buon artista toscano, costruisce l’intelaiatura principale dell’opera: il soggetto del dipinto viene indagato in maniera minuziosa attraverso un accentuato plasticismo che crea con maestria l’illusione ottica della tridimensionalità. E poi arriva il colore a ribadire la verità di questa pratica artistica, suggerendo quasi le sensazioni tattili dei petali e distribuendo la luce in modo da restituire la consistenza e la fragranza dei fiori. Il tutto in un quadro complessivo di equilibri cromatici, ed anche formali, che coinvolge anche le tonalità degli sfondi, striati o lasciati in una tenue penombra. Perché il linguaggio artistico di Luca D’Amore è alla costante ricerca di armonia e perfezione compositiva, cosa che lo spinge anche a rifuggire da pittoricismi o atmosferismi troppo accentuati, preferendo presentare gli oggetti, piuttosto, in modo nitido, con una razionale oggettività da pittore fiammingo. Si arriva, allora, ad una sorta di Iperrealismo, che, soprattutto nella pittura di paesaggio, ci svela un altro lato di Luca D’Amore non meno interessante. La sua poca propensione al tonalismo infatti (che comunque non impedisce all’artista di prodigarsi in un abile uso dello sfumato) e le campiture compatte di colore attraverso le quali la natura viene ricostruita, creano una situazione di straniamento e sospensione naturale, facendo approdare l’opera di Luca D’Amore in un territorio ai confini con la metafisica.