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L’opera può esser definita Pop Espressionista, mutuando la sua definizione da due correnti artistiche del ’90, espressionismo astratto e la Pop art. Esprime la complessità dell’essere e il substrato emotivo, attraverso gesti violenti, ampie campiture cromatiche, squarci e lacerazioni, nella ricerca di un’analogia tra l’arte e la vita, tra soggetto e oggetto.
La casualità della disposizione degli elementi è analoga alla casualità degli avvenimenti umani, il groviglio dei segni è analogo al groviglio dell’esistenza. Nel contempo, le opere, utilizzando materiali di uso comune e i simboli della cultura di massa, si avvicinano all’arte Pop, costruendo, cosi, una mitologia del banale e del quotidiano. Si realizza, cosi una strana commistione di soggettività e di icone quotidiane, appartenenti ad un immaginario collettivo. L’autore, inoltre, perviene ad un risultato inconsueto, cui l’espressionismo non ci aveva abituato, in quanto portatore di immagini dai toni cupi e tristi, a differenze di queste, sicuramente evocatrici di sensazioni allegre e ottimiste.
Passando alla descrizione della realizzazione materiale delle sue opere, Peppe Piumelli abolisce il pennello, per attingere all’archivio infinito del web, dove sceglie un colore o una fotografia, ne trae un file e lo stampa digitalmente , mediante printer sofisticati. Una volta incollato su un supporto materico, in genere un pannello di multistrato, l’autore sparge strati di colori fatti di vernici e smalti. Il risultato è un dipingere fatto in fabbrica, o meglio in ufficio, dove si dipinge al desktop, viaggiando in internet e selezionando i soggetti che, schiacciando il tasto print, si traportano sulla superficie pittorica. La sua opera si confronta, quindi, con quella di protagonisti affermati come Christopher Wool, Rudolf Stingel, Wade Guyton, Seth Price, e ancora altri.